Genesi e storia dell’edizione foscoliana della Commedia
Gabriele Federici (2017)
Introduzione: Autografo di Foscolo
Ugo Foscolo, Prefazione manoscritta alla Commedia, pp. 16 – 17 (Trascrizione a cura di Gabriele Federici)
«Il volume primo che avrebbe dovuto (variante d’autore inedita dovrebbe) essere narrativo (variante d’autore inedita storico), e che è intitolato Discorso sul Testo, s’è fatto polemico di necessità, perciò che non avendo io spazio di raccontare (variante d’autore inedita narrare), ho dovuto, non foss’altro sgombrare gli errori, a stabilire le opinioni mie, non da storico ma da critico. Però a quel discorso per ora dovrò richiamarmi più ch’io non vorrei. Forse.
Poca favilla gran fiamma seconda. Né parmi ch’io potrò dir lietamente addio all’Italia, e all’ umane cose, se non quando le avrò mandato il suo poeta illustrato, per quanto io posso, di lunghi studj; e sdebitarmi verso di lui che mi è (variante d’autore inedita fu) maestro non solo di lingua (variante d’autore inedita letteratura), e poesia, ma di amore di patria senza adularla; di fortezza nell’esilio perpetuo; di longaminità nelle imprese, e di disprezzo alla plebe letteraria, patrizia, e facendo tale della quale il genere umano (variante d’autore inedita del genere umano) ebbe ed ha ed avrà sempre necessità.»
Ugo Foscolo
Il presente autografo chiude la breve prefazione alla Commedia dantesca. Si tratta di diciassette pagine scritte da Ugo Foscolo, conservate nella VII unità archivistica delle dodici in cui è suddiviso il materiale preparatorio all’Edizione della Commedia racchiuso nella “Cassetta Foscoliana”, custodita dal 1880 presso il Museo Calderini di Varallo di proprietà della Società d’Incoraggiamento allo Studio del Disegno e di Conservazione delle Opere d’Arte in Valsesia ONLUS. La referenza della foto è del Prof. Andrea Bocchi, docente di Storia della lingua italiana presso DIUM dell’Università degli Studi di Udine, che l’ha scattata a settembre 2005, e che pubblicamente ringrazio per aver messo a disposizione questo materiale davvero prezioso.
In occasione dell’avvicinarsi del VII centenario della morte di Dante, appare sicuramente interessante considerare le vicende — a volte anche non lineari nel loro dipanarsi filologico e storico — legate a quelle carte di Foscolo che dovevano fungere da commento alla Commedia dantesca. La redazione di questo scritto, come è ben noto, fu assai tormentata e difficoltosa, sia per le condizioni di salute del poeta sia, soprattutto, per i ritmi imposti dal sovrapporsi di altre necessità, di natura economica, all’impegno, assunto con il libraio inglese William Pickering, di curare l’edizione di testi annotati di alcuni classici italiani. In tal senso la curatela della Commedia come “libro da Italiani” illustra le potenzialità della lingua e concorre alla rigenerazione della patria, non diversamente dall’impegno poetico.
Un “libro da Italiani”, dunque, o meglio, nell’immediato un “library book”, disponibile sugli scaffali di consultazione delle biblioteche, in prospettiva un libro destinato a durare per le future generazioni. Mentre Pickering ha in mente un volume, se non popolare, almeno facilmente vendibile sul mercato librario, Foscolo consuma i suoi giorni a postillare un’opera nel contempo erudita, per gli addetti ai lavori del suo tempo, e popolare, per gli italiani venturi.
Il poeta poté dare alle stampe, dunque, solo il Discorso sul testo, mentre il resto dei materiali che aveva via via preparato, appunti e note, rimase inedito. Tali carte, edite nel 1842 – 1843 da Giuseppe Mazzini, sono tuttora conservate presso la Pinacoteca di Varallo, in Piemonte.
Cassetta Foscoliana
Società d’Incoraggiamento allo Studio del Disegno e di Conservazione delle Opere d’Arte Valsesia, Varallo, Piemonte
Pare opportuno considerare, appunto, l’esatta consistenza di questi scritti racchiusi nello scrigno varallese, elencandoli in questo prospetto:
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- Cantica dell’Inferno. Pagine 1 – 249 del primo tomo della Divina Commedia, edizione Masi di Livorno, 1806, ridotta a miglior lezione dagli Accademici della Crusca. I versi del testo sono segnati con numerazione a penna e corretti con note marginali sempre redatte con lo stesso strumento scrittorio. I fogli sono intercalati da pagine, parte aggiunte, parte applicate, che riportano copiose note e un gran numero di varianti stese con un carattere fitto e minuto. La Cantica era mutila delle pagine 85 – 86 (corrispondenti ai versi 1 – 36 del canto XIII) e le pagine 135 – 140 (corrispondenti all’intero canto XX) con i relativi foglietti delle note e varianti.
- Cantica del Purgatorio. Pagine 250 – 360 del primo tomo della Divina Commedia dell’edizione citata. Contengono i canti I – XIV del Purgatorio. I versi del testo, come nella precedente cantica, sono segnati con numerazione a penna e con note marginali sempre a penna.
- Cantica del Purgatorio. Pagine 1 – 152 del secondo tomo della Divina Commedia dell’edizione citata. Contengono i canti XV – XXX del Purgatorio. I versi del testo, come di consueto, sono segnati con numerazione a penna e con note marginali sempre a penna.
- Cantica del Paradiso. Pagine 153 – 415 del secondo tomo della Divina Commedia dell’edizione citata. Contengono l’intera cantica. Anche qui Foscolo ha utilizzato lo stesso modus operandi. I fogli sono intercalati da pagine che riportano le varianti, inferiori, di molto, per numero a quelli dell’Inferno.
- Un fascicolo di circa 260 pagine manoscritte contenenti le Varianti del Purgatorio.
- Un piccolo fascicolo di 17 pagine, recante la firma di Foscolo, intitolato Prefazione alla Divina Commedia.
- Un altro faldone di carte consistente di 90 pagine intitolato Cronologia di avvenimenti connessi alla vita e alla «Commedia» di Dante avverata sugli annali d’Italia e documentata con citazioni delle opere del Poeta.
- Un fascicolo manoscritto di 240 pagine, le Notizie e pareri diversi intorno a forse duecento codici e alla serie delle edizioni della «Commedia». Centonove pagine sono occupate dalla serie dei codici, le rimanenti dalle edizioni. Quest’ultime sono state suddivise da Foscolo nelle seguenti epoche: Età Landiniana (1472 – 1502) dall’edizione di C. Landino di Firenze; Età Aldina (1502 – 1595) dall’edizione di Aldo Manuzio il Vecchio di Venezia; Età volgata dell’Accademia della Crusca (1595 – 1791) dall’edizione curata dall’Accademia, edita a Firenze nel 1595 da D. Manzani; Età Nidobeatina del Lombardi (1791 – sino ai tempi di Foscolo) dall’edizione del padre B. Lombardi, allestita sopra l’edizione di Milano, 1478, Martino Paolo Nidobeato editore. Questa lunga disamina si concludeva con l’analisi della Divina Commedia, stampata a Padova, dalla tipografia della Minerva, 1822, con commento del Lombardi. Tale prospetto è stato ricavato da Giulio Romerio, I Manoscritti di U. Foscolo e di G. Mazzini del Museo “Calderini” di Varallo e l’edizione P. Rolandi della “Divina Commedia”, “Novaria”, Bollettino delle Biblioteche Negroni e Civica, anno II, gennaio – marzo 1921.
L’unità archivistica più significativa, che da sola rappresenta tutta l’importanza del Fondo archivistico del Dante varallese, è appunto la prima, che corrisponde alle pagine 1 – 249 del primo tomo della Livornese, corrispondenti alla prima Cantica. Sulle pagine del suo esemplare assunto come modello, Foscolo è solito intervenire in questo modo: sul margine destro numera i versi di tre in tre; a piè di pagina depenna le pochissime varianti della Livornese; all’interno del testo ritocca la punteggiatura, compiendo anche emendazioni di maggior impegno. Soprattutto queste ultime sono motivate da un massiccio apparato di chiose manoscritte. Per le rimanenti due cantiche, Foscolo si sarebbe limitato ad appiccicare al testo della Livornese liste di carte bianche, senza compilarle con le semplici varianti, che pure aveva promesso. Per l’Inferno, al contrario, le chiose, intitolate appunto varianti, di solito presentano in alto a destra la stessa numerazione delle pagine della Livornese, cui si riferiscono. Per gestire tale accumulo di chiose, Foscolo è solito allineare più fogli, uno sotto l’altro, sino a costituire un lungo cartiglio rettangolare, poi più volte ripiegato su se stesso e applicato al margine basso della pagina oggetto della chiosa. Ad esempio la prima facciata del Dante di Varallo è un rettangolo di circa 12 x 86 cm., formato da sei pezzi incollati e ripiegati, rispetto al quale il testo dell’edizione Masi (Inferno I, 1-9) occupa la porzione superiore, assai limitata e corretta in modo tormentoso, che emerge al di sopra della siepe delle chiose manoscritte.
Ma a parte tutte queste considerazioni filologiche molto interessanti, che gettano nuova luce sul testo allestito da Foscolo, pare opportuno ricostruire le vicende storiche di questo commento, che sono state frequentate poco, anche dagli specialisti. In questa vicenda, sotto taluni aspetti, davvero singolare ed “esotica” rispetto al mondo accademico e culturale italiano, saranno due i protagonisti assoluti, Giuseppe Mazzini e Pietro Rolandi.
Pietro Rolandi nacque a Quarona il 3 marzo 1801 da Giovanni Antonio e da Teresa Perincioli da una famiglia relativamente agiata. Nel 1817 si trasferì a Torino dove svolse l’apprendistato da ebanista. Soggiornò nella capitale sabauda per quattro anni, fino a quando gli fece visita il fratello maggiore Giovanni Battista, che aveva impiantato una libreria a Londra. Questi intuì le capacità del giovane e lo volle con sé come collaboratore. Quindi, a spese del fratello, Pietro poté recarsi a Firenze per perfezionarsi nell’uso della lingua toscana, oltre a studiare disegno e incisione, discipline che attese anche in suo successivo periodo romano. Pietro, poi, raggiunse il fratello nella capitale londinese, dove lo introdusse nella cerchia delle sue conoscenze. Il giovane si dimostrò, fin da subito, un capace collaboratore, interessandosi in particolar modo dei lavori legati alla stampa e alle produzioni artistiche. Scomparso il fratello nel 1826, a venticinque anni decise, con gran coraggio, di potenziare l’attività ereditata. Capace di conoscere i gusti del pubblico, entrò in contatto con parecchi editori italiani e stranieri, e con personalità di spicco. Sempre, però, attento anche ai fatti interni della natia Valsesia, divenne nel 1837 socio perpetuo della Società d’Incoraggiamento allo Studio del Disegno. Proprio in quell’anno conobbe Mazzini, partecipando con lui all’impresa del Dante foscoliano, oggetto del presente lavoro. Dal settembre del 1846, lasciata la libreria al nipote, si trasferì a Livorno. Negli anni londinesi ebbe relazioni epistolari con molte personalità nel campo politico, letterario, artistico; di conseguenza si trovò a possedere un gran numero di autografi, conservati da lui gelosamente. Partendo da questo primo nucleo documentario, scaturì in lui la passione del collezionista accanito. Nel 1852 partì per un viaggio di studio nel Medio Oriente. Abbandonati definitivamente gli affari e venduta l’attività al nipote, nel 1855 si recò in Egitto con l’intenzione, un po’ velleitaria, di raggiungere l’Etiopia, idea quest’ultima poi accantonata. Compì viaggi anche in Europa, come per esempio in Spagna. Morì a Napoli il 7 febbraio 1863.
Su questo personaggio conosciuto ora, di fatto, solo in ambito locale, si possono leggere un certo numero di studi. Il primo in ordine cronologico è la biografia curata da Gasparo Barbera (Firenze, 1863) ma i più importanti sono quelli di Mario Nagari, Pietro Rolandi da Quarona Valsesia (1801 – 1863), libraio ed editore in 20, Berner’s Street a Londra, Novara, Tip. La Moderna, 1959, ristampa anastatica a cura del Comune di Quarona nel 2001 e di AA. VV, cit. , a c. di Tonella Regis, Borgosesia, Società Valsesiana di Cultura, 2006.
In questo quadro particolare, in una cornice, sotto taluni aspetti, del tutto singolare scaturisce l’idea di dare alle stampe l’edizione foscoliana dell’opera immortale di Dante. Secondo una memoria stesa da Mazzini nel 1863, appare in modo nitido i ruoli che ciascuno ebbe nell’impresa: Mazzini convinse Rolandi ad anticipare la somma di quattrocento sterline, cifra davvero consistente, che Pickering richiese, e si adoprò per completare non tanto il commento, che era fermo all’Inferno, ed ovviamente non era proseguibile, pena lo snaturamento dell’opera, ma l’apparato di varianti relativo alle altre due rimanenti cantiche. Il fondatore della Giovine Italia attese poi al manifesto con cui si annunciava la pubblicazione, mentre Rolandi si assumeva le spese di stampa e l’onere della distribuzione. Una netta divisione, quindi, si stabilì tra il lavoro intellettuale mazziniano, e gli incarichi logistici spettanti all’editore valsesiano trapiantato a Londra.
Rimane, tuttavia, un punto da chiarire: se, cioè, Rolandi fosse a conoscenza che l’opera del Foscolo, essendo incompleta, avrebbe perduto molto del suo teorico valore, circostanza non sottolineata, almeno in modo evidente, da Mazzini che preferì appunto sorvolare su tale aspetto, verosimilmente per non inficiare, sin dagli esordi, la coraggiosa iniziativa. È da notare, per inciso, che il Rolandi aveva già pubblicato nel 1828 un’edizione della Divina Commedia in italiano, riedizione di quella milanese di Nicolò Bettoni del 1825.
La stampa andò molto a rilento, per una serie di circostanze che non dipendevano né dal Mazzini né dal Rolandi.
Nel 1842 uscì il primo volume contenente la Prefazione stesa da Mazzini, una seconda Prefazione redatta ancora da Foscolo e il già noto Discorso sul testo. Nello stesso anno uscì il secondo tomo con il Testo dell’Inferno, accompagnato da un notevole corpus di varianti e di note, seguito dalle Appendici: Epistola di Dante ad Arrigo VII di Lussemburgo; Epistola di Dante ai Cardinali e Principi per l’elezione di un Papa italiano; Quattro Canti e della redazione latina della «Divina Commedia», erroneamente attribuiti a Dante.
Nel 1843 venne dato alle stampe il terzo tomo, nel quale furono inclusi il Testo del Purgatorio dotato di un apparato di varianti, senza però alcuna nota; le Canzoni ricordate da Casella e da Buonagiunta da Lucca; l’Epistola a Can Grande della Scala; il Testo del Paradiso con varianti senza note, inferiori per consistenza a quelle allestite per le altre due precedenti cantiche; la Canzone ricordata da Carlo Martello; infine una Nota complementare, ancora scritta da Foscolo, intesa a ribadire il concetto esposto nel Discorso sul testo, ossia il nucleo di pensiero che tentava di presentare Dante come un riformatore della Religione.
Verso la fine del 1843 uscì l’ultimo tomo che racchiudeva le parti sussidiarie dell’opera: Cronologia di avvenimenti connessi alla vita e Commedia di Dante; Notizie e pareri diversi intorno a forse duecento codici e alla serie delle edizioni della Commedia; Indice dei vocaboli, nomi, avvenimenti storici, allusioni riferiti ai versi danteschi.
Sul frontespizio di ciascuno dei quattro tomi è riportato il seguente distico, riferito al poeta Virgilio: Meruit deus esse videri / carmine complexus terras mare sidera manes (meritò di essere considerato come un dio / riunì nelle poesia la terra, il mare, le stelle e gli antenati) tratto dal libro XIII del poema latino in esametri, Punicorum libri, di Silio Italico, che ha per argomento la seconda guerra punica. Su ogni copertina cambiano l’indicazione del tomo (1, 2, 3, 4) e l’anno di edizione: 1842 per i i primi due tomi e 1843 per il terzo e il quarto. Il tomo 1 reca una dedica: A Hudson Gurney / Ugo Foscolo / questa edizione / intitola meritatamente accompagnata da due versi del canto XXVII del Purgatorio: “Al suo nome il desire / apparecchiava grazioso loco”.
Occorre riflettere su come fosse sottesa all’opera, in modo molto moderno, una linea interpretativa univoca e unitaria, sia pure personalissima, intesa a creare una saldatura ideale tra l’infelice Foscolo e Dante esule. Mazzini, a tal proposito, rivolgendosi in una lettera al Rolandi, giunse ad affermare che «il nostro è libro che deve essere esclusivamente sacro a Dante ed a Foscolo».
Di fatto, il commento foscoliano sembra aver avuto una diffusione inferiore alle aspettative, fatto dovuto, senz’altro, anche alle condizioni assai precarie della circolazione libraria nella penisola. Ma probabilmente quest’osservazione si ferma solo alla superficie del problema: infatti, per comprendere le ragioni di questo sostanziale insuccesso, occorre riflettere sulla concezione stessa dell’opera, sulla sua struttura portante di pensiero. Appare difficile da spiegare, in tal senso, la circostanza che rimase inedito per molto tempo il commento a Dante del maggior poeta italiano, tanto più che a Londra, nella terza decade del secolo, vi era un milieu straordinariamente sensibile alla poesia italiana dei primi secoli e a Dante in particolare.
Inoltre il manifesto della nuova pubblicazione foscoliana aveva suscitato all’inizio una viva ed intensa aspettativa di leggere quello che il grande poeta aveva allestito nell’ultimo scorcio della sua avventurosa esistenza. Ma, di fatto, il primo tomo apparso fu accolto con molto distacco, quasi come uno scritto già noto, considerate le precedenti edizioni del Discorso sul testo. Gli altri volumi diedero occasione di critiche, lamentele, commenti, a volte anche aspri, il tutto inserito in un clima di grande delusione.
Le critiche più gravi e più diffuse sorsero dalla disamina della nuova interpretazione che informava la Commedia rivista nell’ottica foscoliana. Se Foscolo, dal punto di vista filologico, aveva dato prova di conoscere attentamente la critica dantesca, meticoloso nella stesura delle note e delle varianti, invece, nell’illustrare il pensiero sotteso a questa cattedrale di versi, si lasciò andare ad un’interpretazione tutta sua, che finì per snaturarne il significato, troppo influenzato non solo dalla proprie concezioni, ma anche da certi ambienti londinesi, decisamente anti-cattolici, che chiusi nelle loro concezioni, per certi versi davvero da considerare come ottuse, erano incapaci di attingere alle ragioni profondi della poesia di Dante.
Così Foscolo presentò una visione di Dante molto personale, nelle vesti di profeta e riformatore. A sostegno di quest’ipotesi, il grande letterato si diffuse a trattare di dogmi, di presunte contraddizioni fra il Fiorentino e la dottrina cattolica, di impossibilità di rinnovare dall’interno una Chiesa malata e corrotta e della conseguente necessità di sostituirla con un nuovo, e non meglio precisato, organismo.
Lo scrittore, forse andando oltre le proprie intenzioni, era entrato in un campo a lui sconosciuto, quello della Teologia, giungendo a compiere non pochi errori nelle note a commento dell’Inferno e nella cronologia.
-Gabriele Federici
Bibliografia di riferimento
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Colombo D. (2015), Foscolo e i commentatori danteschi, Milano: Ledizioni.
Federici G. (2008), L’edizione foscoliana della Commedia: Mazzini e Rolandi, «Otto/Novecento», anno XXXII, n. 3, pp. 107 – 116.
Gazzola G (2013), A false edition of the “Comedy” and its truth, «Forum Italicum», vol. 47, no. 2, pp. 299 – 323.
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Romerio G. (1921), I Manoscritti di U. Foscolo e di G. Mazzini del Museo Calderini di Varallo e l’edizione P. Rolandi della “Divina Commedia”, «Novaria», Bollettino delle Biblioteche Negroni e Civica, anno II, gennaio – marzo.
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Tonella Regis F. (a cura di) (2006), I fratelli Rolandi di Quarona (Valsesia) Giambattista (1787 – 1825) e Pietro (1801 – 1863), editori e librai a Londra. Una storia internazionale, Borgosesia: Società Valsesiana di Cultura.
Recommended Citation
Federici, Gabriele. “Genesi e storia dell’edizione foscoliana della Commedia.” Digital Dante. New York, NY: Columbia University Libraries, 2017. https://digitaldante.columbia.edu/history/edizione-foscoliana-commedia-federici/